Paese che vai tradizione che trovi.
Comprendere che ogni paese è diverso dagli altri è il primo dovere di chi viaggia, perché il vizio di interpretare un luogo attraverso gli occhi della propria terra non solo è ingiusto e sbagliato, ma è anche rischioso.
Il rischio che si corre è trovarsi impantanati nell’errore più vecchio di sempre: il giudizio.
Cercando di tenerlo a mente, appena sbarcata su suolo Siam ho cercato di aprirmi come un girasole verso il nuovo contesto. Ho spolverato il mio lato più tollerante, ho cercato, per quanto ho potuto, di mettere da parte pregiudizi e postgiudizi e tentato di scavare a fondo senza fermarmi all’apparenza, fiduciosa che una ragione c’è sempre per tutto, a patto naturalmente di trovarla.
E devo ammettere che tutto sommato ha funzionato. Almeno fino a quando la mia mente non si è dovuta confrontare con cinque rompicapo, cinque costruzioni escheriane tipicamente thai, tuttora irrisolte.
Cinque sfide all’ovvio e all’assodato.
Cinque cose che non do più per scontato da quando sono in Thailandia.
Il coltello
Tra forchetta e cucchiaio: il nulla.
Se una delle poche certezze della tua vita è che sulla tavola tra una forchetta e un cucchiaio c’è sempre un coltello, mi spiace ma sei destinato a rimanere profondamente deluso.
Non troverai mai un coltello sul tavolo di un ristorante thailandese, a meno che non sia gestito da uno straniero (e non è detto nemmeno in questo caso).
L’assenza del coltello potrebbe essere velocemente liquidata come una differenza culturale, una curiosità esotica tra le altre, se non fosse che prima o poi il dubbio ti assale: ma che c’hanno i thai contro il coltello? Che cosa del loro background culturale ha fatto sì che qualcuno un giorno decidesse che per tagliare fosse sufficiente una forma arrotondata, anziché una lunga e affilata? Chi e perchè ha deciso che per tagliare qualcosa fosse adatto un cucchiaio?
Per amor di onestà occorre sottolineare che la maggior parte dei piatti thai si presenta con carne, molluschi e verdure a pezzettini, rendendo il coltello di fatto superfluo. Ma tagliare un intero pesce alla brace con forchetta e cucchiaio mi appare tuttora una bizzarria che sfugge alla mia capacità di comprensione.
La carta igienica
Tipico bagno thai: water o turca, secchio con bacinella al posto dello scarico
e senza carta igienica.
Negli alberghi di discreto livello e forgia occidentale non avrete probabilmente questo problema, ma in molti ostelli e guesthouse low budget non è affatto scontato trovare in bagno la carta igienica.
Mi è capitato piuttosto spesso di entrare in una stanza d’albergo carina, curata e perfettamente pulita, sedermi sul water e rendermi improvvisamente conto con orrore che non c’era la carta igienica. Lungi dall’essere strategia economica per ridurre i costi, l’assenza del prezioso rotolo trova spesso la sua ragione nella forma allungata di una piccola pistola a pressione che spruzza acqua di cui è provvisto qualunque bagno thai, una sorta di bidet incorporato al water.
Di norma la carta igienica (che mai e poi mai va gettata dentro il water) manca anche nei bagni di locali, ristoranti, stazioni e templi, anche se spesso è possibile acquistarne una porzione monouso fuori dai bagni pubblici per un paio di bath. E poiché la razionalità sembra baciare sulla fronte questo popolo con parca frequenza, ciò che fugge dai bagni corre inaspettatamente nell’ultimo luogo che ti aspetteresti: sui tavoli dei ristoranti, al posto del troppo tradizionale tovagliolo.
Insomma, niente coltello a tavola, ma carta igienica in abbondanza!
Il lenzuolo di sopra
Il lenzuolo di sopra thai: un asciugamano.
Voi direte: se c’è un lenzuolo di sotto ce ne sarà anche uno di sopra.
Sbagliato!
Il lenzuolo di sopra è un optional di lusso che si trova così poco di frequente nelle accomodation economiche che quando capita di vederne uno si teme di avere capito male e che la stanza costerà una follia.
Qualche volta il “sopra” è una coperta, con maggiore frequenza un asciugamano. Che è uguale a quello per il bagno, solo che è disteso sul letto, una sorta di lenzuolo/coperta spugnoso che proprio non ti aspetti e che fatichi a comprendere.
Ricordo ancora che quando arrivai a Bangkok, durante il primo viaggio che feci in Thailandia nel 2008, e vidi sopra al letto della mia stanza questo asciugamano blu steso con cura, corsi di sotto un po’ scocciata facendo notare alla ragazza che stava alla reception che non mi avevano ancora preparato il letto. La mia assurda pretesa si risolse dieci minuti di incomprensioni reciproche dopo con una vittoria schiacciante della guesthouse: qui si usano gli asciugamani al posto dei lenzuoli e se a te sembra strano, mi spiace ma è un problema solo tuo!
Verde = “avanti”, rosso = “stop”
Il colore e il numero di secondi riportati accanto a un semaforo thai sono puramente indicativi.
Prima capirete che questa ovvietà in materia di semafori è, qui in Thailandia, appunto una ovvietà, prima imparerete a proteggervi la vita.
Quante volte mi hanno fregato i semafori thai illudendomi che bastasse che scattasse il verde per potere attraversare al sicuro: un errore imperdonabile.
Il guidatore thai trova l’obbligo di fermarsi al semaforo un impiccio e una perdita di tempo, a meno naturalmente che non sia davvero costretto, ad esempio per evitare di investire un pedone che, ingenuità e testardaggine sua, quella strada vuole proprio attraversarla.
Ho visto scene abbastanza surreali, come quella a cui ho assistito una sera a Chiang Mai. Lungocanale, semaforo, il caotico traffico del sabato sera che intasa le vie in prossimità della Saturday street, dove ogni sabato si tiene uno dei mercati più grandi e belli della città. Il vigile che tenta di vigilare senza riuscirci fischiando con una passività e una continuità invidiabili (che abbia in passato suonato il didjeridoo?), in concomitanza con lo scatto del verde, per fermare il traffico e permettere a una folla illegale di pedoni di attraversare.
Ora si fermeranno, pensi, in fondo è sempre un uomo che indossa una divisa. Macché, nessuno gli bada, le auto passano imperterrite e lui, senza cambiare di una virgola la propria strategia, continua a fischiare come se niente fosse, scansandosi giusto quel tanto che basta per non essere investito.
Il concetto di piccante
Som Tam, la piccantissima insalata di papaya thailandese.
Una delle prime frasi che si imparano in Thailandia è Mai bpet, “non piccante”. Ed è fondamentale non confondersi con Mai sai prik leui, che significa invece “poco piccante”. È l’errore che facciamo tutti la prima volta: pensiamo “mi piace piccante, non voglio esagerare ma un po’ di chili ci sta bene”.
Sappi che il giorno in cui ti mostrerai così ingenuo da pronunciare queste parole sarà il giorno in cui segnerai la tua condanna.
Sebbene il piccante sia solo uno dei cinque sapori cullati dalla cucina tradizionale (1) e il peperoncino thai meriti solo una misera posizione a metà scala di Scoville, Il cibo thai è molto piccante e il nostro “molto piccante” non è nemmeno una sfuocata fotocopia del loro “molto” piccante.
Un modo sicuro per non fare la fine di Homer Simpson (2) è tenere a mente questa facile legenda:
- Non piccante (thai) = Da non piccante a leggermente piccante (noi).
- Un po’ piccante (thai) = Immangiabile (noi).
- Molto piccante (thai). Allucinazioni e incontro con il coyote parlante (2) (noi).
Non ho ancora messo l’ultimo punto che già mi vengono in mente altre stranezze che trasformano questo Paese in un unico, gigantesco mistero.
Per oggi però mi fermo qui. Non sia mai che vi privi del gusto di scoprirle da soli…
(1) Gli altri quattro sono dolce, salato, acido e amaro.
(2) Episodio Il viaggio misterioso di Homer, ottava stagione.
ginja
grazie per le risate!, incrediile anche la bibliografia dei simpson, ma in effetti ogni scrittore serio cita le sue fonti
Anonimo
Cavolo è sparito il commento che ti avevi fatto ieri! Boh?