Domani lascerò, almeno per un po’, Chiang Mai e mi sono resa conto che ancora non ho dedicato un post alla città che, suo malgrado, ha avuto l’incombenza di accogliermi per quasi tre mesi.
Che pazienza ha avuto a sopportarmi durante la fase di adattamento: i miei sbalzi di umore, la mia rigidità, i miei sbrontolamenti silenziosi! Non ha mai battuto ciglio, è sempre stata a guardare, persino quando l’accusavo di essere un riflettore di solitudine (cosa però vera).
Mi lasciava sfogare e pazientava, sicura che prima o poi avrei deposto le armi e me ne sarei innamorata. Così è stato.

I contro di Chiang Mai
1. È inquinata

La mascherina per lo smog è una delle tendenze moda più diffuse in Thailandia.
L’inquinamento che ho trovato qui è stato del tutto inaspettato. Ero già stata a Chiang Mai altre volte, eppure non ne ho ricordo. L’impressione è che negli ultimi anni questa città sia esplosa e questo ha portato inevitabilmente anche a una congestione di motorini, tuk tuk e songthaew (taxi collettivi) che in Italia sarebbero fuori legge da almeno una decina di anni. Per chi come me si sposta in bicicletta significa stare fermi in coda o ai semafori e inalare le più grandi schifezze che uomo abbia mai prodotto, mentre nel frattempo cerchi di non farti uccidere, perché il traffico qui non solo è inquinato ma pure pericoloso (mai dire mai nella vita, ma credo che l’abilità di guida non sarà la qualità per cui i thailandesi passeranno alla storia). Questo di norma. Poi durante la stagione degli incendi la situazione smog peggiora drasticamente, raggiungendo valori anche cinque volte più alti del normale, che già normale non è.
2. È poco green

Suan Buak Hat Park, Chiang Mai.
Chiang Mai non è green neppure da un punto di vista ecologico, ma in questo è perfettamente thai. La Thailandia in generale, salvo le dovute e doverose eccezioni, non ha ancora raggiunto quel livello di progresso che forma una coscienza ecologica. Qui la plastica è un culto e per me, socia di una cooperativa che promuove la vendita di prodotti sfusi, significa turarsi il naso perennemente.
3. Non ci sono autobus pubblici

Sulla carta esiste una rete pubblica di autobus, ma nella realtà la gestione del traffico è regolata da una vera e propria mafia messa in atto da tuk tuk e songthaew che blocca ogni tentativo dell’amministrazione comunale di attivare una rete di trasporti regolare ed efficiente come esiste a Bangkok. Per chi come me, abituata da sempre a spostarsi in autobus, questa è una grande sofferenza. L’apice della sofferenza però è stato raggiunto quando, divenuta consapevole della situazione ed escludendo a priori di noleggiare un motorino per questioni sopravvivenza, ho dovuto cedere al mezzo più estraneo al mio background motorio: la bicicletta.
Secondo notizie freschissime, proprio in questi giorni starebbero mettendo delle pensiline qua e là. Seguiranno aggiornamenti!
4. C’è la stagione degli incendi

Questo è uno dei limiti più grandi e difficili da digerire di Chiang Mai. Durante l’inverno italiano, con un picco impietoso tra la metà di febbraio e gli inizi di aprile, il bacino dentro cui la città è costruita accoglie generosa il frutto dell’attività folle e sconsiderata delle migliaia di incendi che vengono appiccati nelle montagne della Thailandia del nord (ma anche delle medesime zone di Myanmar e Laos). Durante la burning season l’aria diventa irrespirabile e le mascherine anti-smog nascono come funghi, appiccicandosi al viso di poliziotti, medici, commessi e chiunque debba sorbirsi anche solo pochi minuti di traffico. Ne ho visto persino una appiccicarsi al mio, di volto! Motivazione culturali si sposano a ragioni economiche e all’apparente incapacità del governo di porre rimedio a un fenomeno che non solo devasta il patrimonio millenario delle foreste tropicali, ma crea enormi danni alla salute e alla più grande fonte di reddito di questa parte della Thailandia: il turismo.
5. È piena di occidentali attempati che si accompagnano a ragazzine
La prostituzione in Thailandia è fatto tanto noto quanto controverso. Il confine tra costrizione e apparenti atti di libera volontà è sottilissimo, difficile da individuare. Fatto sta che Chiang Mai porta all’esasperazione un fenomeno tipico della Thailandia: le coppie miste farang-thai, in particolare tra ragazzine e attempati gentiluomini occidentali. Attenzione: ragazzine non significa bambine. Le donne thailandesi spesso appaiono molto più giovani di ciò che sono, e comunque il reato di prostituzione minorile qui scatta dai 16 anni in giù. So altrettanto bene che la stragrande maggioranza di questi rapporti misti trovano le due parti ugualmente consenzienti. Resta il fatto che tutte queste mani che si intrecciano, sottolineando una paurosa differenza di età e un’inevitabile sensazione di padri-figlie, fanno un certo effetto e anche un po’ di tristezza. Parola di farang donna.