Seduta su una tipica sedia australiana con porta-birra incorporato, sorseggio Victoria bitter ascoltando i Portishead in cuffia.
E mi guardo attorno.
E vedo la mia Australia, finalmente lontana dalla città, finalmente in pace.
La mia Australia è quella che sa mixare i colori in maniera incredibile: il verde assetato dell’erba e, in lontananza, quello piu’ corposo dei vigneti, e poi il rosso della terra e l’azzurro del cielo che oggi il vento ha straordinariamente riempito di nuvole sottili e fumose.
La farm di Frank dista un chilometro dalla vinery dove ogni giorno andiamo a raccogliere l’uva, una ventina di chilometri dal primo, minusolo centro abitato e una quarantina da Swan Hill, l’unico paese degno di questo nome.
Il telefono non prende, non posso usare internet, sentire a portata di mano nessuno dei miei “punti di riferimento”.
E posso così scoprirne altri.
Che sono io, prima di ogni cosa, prima dei nuovi amici che è così facile farsi viaggiando.
Il mondo dei backpacker è un mondo che ti spalanca gli occhi, riempe gli occhi ed esalta la mente.
Le parole viaggiano su binari ancora da rodare, ma che ti entrano dentro all’istante, e che sono un linguaggio nuovo, un mix di accenti e di esperienze, di racconti e di progetti improvvisati, bellissimi perché hanno il sapore dell’inconsistenza.
Siamo in 12 nella casa, adesso, compreso Frank, l’assurdo proprietario di questo posto e gestore della vinery. Lo conosci e non puoi fare a meno di accorgerti delle sue stranezze, e poi pensi che forse è normale, che se passi 30 anni in un posto simile la mente prende inevitabilmente il volo, e se pazzo non lo sei da sempre un po’ lo diventi per forza, perché qui non c’e’ nulla, se non qualche camion che corre sulla highway a velocità folle, nuvole di mosche fastidiose che ti entrano in bocca e dentro agli occhi, le solite facce da sempre, i soliti discorsi. È un tempo rallentato quello che si respira qui, che sa di vino rosso e di birra gelata, e che solo durante la stagione del raccolto viene spezzato per brevi momenti dalla frenesia dei backpacker di tutto il mondo, che vengono qui alla disperata ricerca di qualche soldo per viaggiarsi l’Australia.
Italiani, canadesi, spagnoli, tedeschi e svedesi disposti a stiparsi in due stanze minuscole, a dormire per terra tra mosquitos, mosche e topi nello sporco più totale, con un solo bagno da spartire e una sola cucina, lavorando dieci ore al giorno in cambio di una miseria. Perché? Beh. perché qui c’e’ la vita, capite, densissima, corposa, indimenticabile.
Da costruirsi giorno per giorno in un paesaggio che non ha confini se non quello miracoloso di un tramonto infuocato.