Che cosa si fa il mercoledì mattina a Chiang Mai? Si va al mercato? Dal dottore? A lavorare (la solita esagerata..)? Ma nemmeno per sogno: si va al cinema!
Per una di quelle regole insondate (cit.) che regolano questo bizzarro mondo, anche in Thailandia il cinema costa meno il mercoledì. E visto che un vizio che da sempre mi rallegra la vita è fare qualcosa al di fuori dell’orario in cui usualmente la si fa, ho deciso che le 11.40 di un mercoledì mattina tra gli altri sarebbe stato il momento perfetto per andare a vedere l’ultimo regalo di Martin Scorsese.
Così questa mattina inforco la bicicletta e dopo avere inalato la mia bella dose quotidiana di smog siam doc, raggiungo quel posto futuristico che risponde all’emblematico nome di Maya.
Il nuovissimo centro commerciale di Chiang Mai, inaugurato nemmeno un mese fa, mi accoglie scintillante e anche un po’ minaccioso all’angolo tra le due arterie principali della zona figa della città. Stavolta però non mi faccio fregare dai luccichii, ignoro la hall che assomiglia a un set fotografico (e forse lo è) e mi fiondo spavalda verso le scale mobili. Destinazione: 5° piano, SFX Cinema.
12 sale così una di fianco all’altra già mi fanno capire quanti anni luce io sia dalla multisala monolocale del cinema Verdi di Forlimpopoli, anche se non è questo ad affascinarmi di più. Ciò che davvero mi lascia senza parole è la porzione “small” di popcorn che mi consegnano.
Dopo averne adocchiate le dimensioni mi chiedo se qualcuno mi aiuterà a trasportarlo su per le scale, ma ho tempo prima che inizi il film e posso concedermi il lusso di raggiungere la sala al rallentatore per non fare cadere a terra i preziosissimi esseri burrosi.
Dentro, mi accoccolo al mio posto, interrogandomi sul motivo per cui le poltrone nuove di zecca non siano state progettate con un buco in grado di contenere la confezione di popcorn che vendono qui. O perché le confezioni di popcorn non siano state ridotte per rientrare nei buchi suddetti. Ma non è il momento per perdersi in dissertazioni filosofiche, così appoggio con circospezione il contenitore sul bracciolo e mi immergo nei trailer dei film.
Quando sei lontana dal tuo paese anche guardare la pubblicità diventa un’esperienza intrigante. Scopro così che il cinema thai ha poco a che fare con la cugina Bollywood come invece credevo. Le prossime uscite che presentano sono, nell’ordine:
1. La storia di una ribellione giovanile dove tutti piangono, che fa molto cinema d’essai.
2. Un horror/splatter che avrebbe fatto la gioia della me di 10 anni fa.
3. Una struggente storia di chiara denuncia ecologista, che in Italia resterebbe relegata alla saletta di un qualche circolo arci di provincia per sospetta matrice 5stelle.
Sono talmente presa dalla scoperta che il cinema thailandese potrebbe essere il prossimo enfant prodige del Festival di Berlino, che non mi accorgo che sullo schermo è apparso un faccino buono e regale che posa tutto serio con due cani accucciati ai suoi piedi a mo’ di guardie del corpo.
Ho un flash.
Mi volto e dietro di me sono tutti in piedi. Col cuore in gola mi precipito a imitarli ed è esattamente in quel momento che i popcorn precipitano a terra.
Avevo scordato questo dettaglio, e dire che al cinema c’ero già stata, a Bangkok un paio di anni fa.
In tutti i cinema della Thailandia la proiezione del film è preceduta da un cortometraggio di un paio di minuti che celebra il Re, considerato da molti thai una sorta di semi-divinità. In quel momento, chiunque si trovi in sala è tenuto ad alzarsi in piedi per rendere omaggio al re più longevo al mondo. Attenzione però, non è una semplice questione di rispetto: alzarsi in piedi è un dovere e astenersi dal farlo è punibile dalla legge.
Anche oggi, come allora, mi alzo appena in tempo. E mentre con la coda dell’occhio guardo con rammarico lo spettacolo tristissimo del cimitero di popcorn ai miei piedi, mi viene in mente di quella donna che, rivendicando il diritto di libera espressione, si era rifiutata di alzarsi preferendo i suoi popcorn al rispetto delle regole del paese in cui viveva. Paese che però non aveva affatto gradito e aveva ricambiato spedendola dritta in prigione.
Perciò, quelli tra noi che talvolta apostrofano con l’appellativo “Re Giorgio” il nostro Amato (Amatissimo, anzi: non si sa mai) Presidente della Repubblica, lamentando un surplus di potere e un preoccupante alone di incriticabilità, dovrebbero essere sì consapevoli che è nel loro pieno diritto farlo, ma anche ricordare che esistono paesi dove il reato di lesa maestà è davvero una questione seria.
E quelli, invece, tra noi che camminano per strade straniere con l’aria di chi ha già capito tutto e il cipiglio un po’ spocchioso dell’occidentale che si sente anni luce avanti a questi piccoli, involuti asiatici, dovrebbero ricordare che non si scherza con le tradizioni di un popolo senza saperne nulla. Mai.
Non sempre è necessario capire, tanto meno condividere. Talvolta tutto ciò che ci è richiesto, in quanto stranieri, è il rispetto del credo altrui.
Come tutte le cose anche il rispetto naturalmente ha un prezzo. Il mio è lì che mi osserva, imperterrito e sfacciato, dal pavimento.