Anche se cerco in continuazione di convincermi del contrario, sono una donna gonfia di luoghi comuni e il mio viaggio in Borneo mi ha sputato in faccia questa terribile verità.
Borneo, per me, equivaleva a capanne, oranghi ciondolanti dagli alberi, teste di spade ferite, un certo qual senso di pericolo e precarietà spremuto tra le vie, impossibile da ignorare. Mi avrebbero tagliato la testa? Rapita e confinata in una baracca nel mezzo della giungla? O più banalmente derubata di tutti i miei averi mentre mi aggiravo per le vie buie di Kuching in cerca di autenticità?
Beh, non è successo nulla di tutto questo. Kuching è stata una sorpresa fin dal primo giorno, da quando, appena atterrati, le ho gettato una prima timida occhiata dal finestrino dell’Uber che ci portava alla guesthouse.
Là fuori non c’erano capanne, porca miseria, ma centri commerciali, hotel altissimi e pomposi, ma anche templi, studi di agopuntura e riflessologia, un fiume tortuoso che lambiva un riverside sorprendente, con musica dal vivo e bancarelle di cibo e artigianato locale. Un centro storico, quello di Kuching, aggrappato orgoglioso a quelle acque limacciose e pronto a spalancarsi in un trionfo di colori, note jazz librate nell’aria gonfia di umidità, gli odori pungenti e rustici della cucina del Sarawak.
E arte, tanta arte. Nei muri, sulla cima dei palazzi, in piazzette a stillare acqua, a luccicare in bilico sulle rotonde. Sculture, pitture, installazioni e murales che si riversano per le strade svelandosi lentamente, un pezzettino oggi, un pezzettino domani, ché in questo angolo a un millimetro dall’Equatore la fretta è bandita. Se non altro per questioni di sopravvivenza.
Una street art, quella di Kuching, piegata talvolta alle durissime leggi del kitsch asiatico in modo così devoto da suscitare simpatia.
Kuching e l’arte di strada kitsch: le statue dei gatti
Kuching significa “gatto” in lingua malese e l’amore sconfinato di questa città per il nobile felino prende forme bizzarre e inconsuete. Qui, ad esempio, arrampicato su una collina, si trova il primo (ma non unico) Cat museum del mondo e qui si ergono maestose e vagamente inquietanti gigantesche sculture dedicate a sua maestà.
Eccolo qui, il lato pacchiano della Kuching Street Art.
Street Art a Kuching: i murales di Zacharevic
Ma c’è anche un’altra street art che merita di essere vista a Kuching ed è quella dipinta sui muri. A cominciare dai lasciti di Ernest Zacharevic, il talentuoso artista polivalente di Vilnius, Lituania, che malgrado la giovane età ha spanso il suo talento sui muri di mezzo mondo.
Pittura a olio, spray, installazioni e sculture: Zacharevic predilige l’arte outdoor e ama sconfinare dai bordi, creando opere d’arte dinamiche e inconsuete in grado di trasformare il muro più banale in un gigantesco quadro d’autore.
Il suo talento può essere ammirato tra le strade di New York, Atlanta, Hawaii, Vilnius, Lisbona, Norvegia e Islanda ma è soprattutto il sud-est asiatico la sua patria artistica: Singapore, Kuala Lumpur, Ipoh e Penang, dove esiste un’intera strada dipinta da lui, la Mirrors George Town.
Nel 2014 Zacharevic è sbarcato anche a Kuching, dove ha lasciato in eredità alla città un paio di murales, che possono essere visti vicino a India Street e al Night Market (il tipo che tiene la carriola qui sotto però non c’è più: lui me lo sono portato via).
Arte di strada a Kuching: il #tanahairku Street Art Project
Ancora più d’effetto sono le opere messe in campo da #tanahairku Street Art project, un progetto che ha affidato a numerosi writers e muralisti il compito di diffondere a suon di bombolette l’amore per il proprio Paese, una Malesia unita in nome dell’arte e della bellezza.
Quelli qui sotto sono alcuni regali del #tanahairku Street Art project alla street art di Kuching.