Ho sempre avuto la sensazione di essere protetta.
Non mi ritengo cattolica da un pezzo, se mai lo sono stata, ma all’angelo custode ho sempre creduto, con quella sicurezza vergine che proviene solo dall’istinto.
Non ha età, il mio angelo custode, e non ha ali, eppure ha sempre volato attorno a me con una delicatezza d’altri tempi. A distanza di sicurezza, affinché mi sentissi protetta ma non invasa. Amata ma padrona della mia libertà.
L’ho messo alla prova così tante volte che ho perso il conto. Fin da quando avevo tre anni e mi dilettavo a saltare dal davanzale della finestra al terrazzino. Finché una volta atterrai di testa anziché di piedi. A mia madre si fermò il cuore per qualche istante, a me si stampò sulla fronte un bernoccolo che 37 anni dopo sfoggio ancora come un cimelio.
Ma l’essere umano è incontentabile e per sentirsi al sicuro chiede imperterrito continue prove di fedeltà. E se un giorno si stanca e mi molla per prendersi cura di qualcun altro? pensavo. Uno che dia meno grattacapi – uno, magari, che nei terrazzini ci entra camminando dalla porta-finestra, anziché volarci dentro.
Qualche sera fa decido di testarne ancora una volta la dedizione.
Per gettare il mio guanto di sfida scelgo una notte nera come il catrame e un molo che si allunga fin dove l’orizzonte e il mare annullano i confini.
La notte catanese ha la mitezza della tarda estate, una densità di stelle da deserto australiano rende il molo un quadro di Van Gogh in bianco, nero e dorato.
I ragazzi siedono sul muretto per celebrare la bellezza di questo autunno ritardatario e la leggerezza di un’esistenza ancora tutta da rodare. Decido di unirmi a loro, scorgo un posticino libero e scavalco il muretto come una gazzella.
Quando sento che il contatto con il terreno tarda ad arrivare penso: che strano. Quando realizzo che sotto di me non c’è nulla di solido e che in quel vuoto, sbucato da chissà dove, ci sto precipitando dentro, penso: oddio.
Quando finalmente arrivo a toccare il fondo sento una leggerezza sconosciuta, mi sento una piuma che ha appena sperimentato l’ebbrezza del volo.
Mentre da sopra arrivano le prime voci impaurite, provo a muovermi con cautela e quando capisco che sono ancora tutta intera la prima cosa che provo è la più totale incredulità.
La mente è ancora sgombra e un unico pensiero ci galleggia dentro come una macchia d’olio: Ecco che ci siamo di nuovo. Pure stavolta, caro mio, ti è toccato fare gli straordinari.
Da quella notte la testa non si è più fermata. I muscoli, i tessuti, ogni singola cellula di questo corpo non si sono più fermati. Sono un involucro che ribolle di tremori, una mente che vede segnali e lunghe correlazioni a catena, un cuore che trabocca di emozioni che faticosamente provo a gestire. Perché se è vero che questo corpicino è livido e claudicante, non mi sfugge nemmeno per un istante che è un corpicino integro. Dopo un volo di tre metri.
E c’è pure un’altra cosa che non mi sfugge.
Che la fortuna non esiste, ma le protezioni sì. Che gli incidenti non esistono, ma le lezioni da imparare sì.
La mia è lì che mi osserva dalla distanza, sfumata ed evanescente eppur già così ingombrante da non poter essere ignorata. Il mio compito è trovare la pazienza di capirne i dettagli e trarne il dovuto insegnamento, perché la vita è null’altro che questo: una lunga, attorcigliata, talvolta dolorosa sequenza di lezioni da apprendere per poi potere procedere oltre.
Magari, la prossima volta, armati di una pila.
Pietro
Soffrivo molto per aver litigato con la mia compagna, pregavo e mi disperavo ad un tratto vedo entrare dala finestra aperta una piuma, ebbi subito una sensazione di pace e di tranquillità. Forse entro nella mia stanza l’Angelo Custode…….