Viaggiare rende le persone migliori e un mondo fatto di persone migliori è un mondo migliore.
Fare un viaggio e fare una vacanza sono due cose profondamente diverse.
Una banalità di quelle forti, anche un po’ spocchiosa se vogliamo, un luogo comune trito e ritrito. Ma l’essere scontata non trasforma una verità in una non-verità.
La differenza che c’è tra un viaggiatore e un turista è più o meno quella che c’è tra chi fa sci d’acqua e chi fa immersioni: il primo resta sulla superficie dell’acqua, il secondo ci entra dentro. Chi ha fatto almeno un Viaggio nella sua vita sa che quello che dico è vero e che non si tratta di una distinzione trascurabile. Prima o poi ne scriverò in modo approfondito, perché da sempre è argomento che mi sta a cuore, ma per lo scopo di questo articolo sarà sufficiente prenderlo come un assioma: il viaggio e la vacanza sono due cose completamente diverse. Fare una vacanza può avere tanti benefici: permette di vedere posti nuovi, aiuta a distrarsi, regala tempo per sé e la propria famiglia, riduce lo stress. Fare una vacanza, però, non rende migliori le persone. Viaggiare invece sì, e ora vi spiego perché.
Viaggiare allarga la mente
- intollerante;
- categorica nei giudizi;
- manichea;
- fobica del “diverso” in ogni sua forma…
Una persona che viaggia difficilmente sarà intollerante, rigida nei giudizi, chiusa e paurosa dell’altro, ma sarà propensa a vedere la complessità delle persone e delle situazioni, a percepire le sfumature, a cogliere la bellezza della varietà e delle incongruenze.
Viaggiare aiuta a crescere
Confrontarsi con mondi e culture diverse da quelle a cui siamo abituati è come pagare le rate di un corso accelerato di vita. Non si impara solo a conoscere il mondo, ma anche se stessi. Viaggiare permette di scoprire cose di sé che si ignoravano, o che esistevano solo in potenza. Spesso scopriamo di essere persone diverse da quelle che credevamo. Non migliori o peggiori, solo diverse. Un proverbio cinese dice che chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita. È vero. È talmente vero che riadattarsi alla vita che si faceva prima di partire spesso è difficile, talvolta persino doloroso. Ricordo ancora la sensazione di estraniamento quando, dopo 9 mesi di vita nomade e destrutturata passati in Australia, rimisi piede in Italia. E anche se riabituarmi a camminare con le scarpe e smettere di usare i bagni pubblici per lavarmi i denti siano stati processi tutto sommato veloci e indolori, quella sensazione in un certo senso non mi ha più abbandonata.
Viaggiare aiuta a capire la differenza tra importante e superfluo
Il viaggio è un grande maestro zen: aiuta concentrare l’attenzione sulle cose importanti e a lasciarsi alle spalle il superfluo, aiuta a fare pulizia nella propria vita e nella mente, rendendole entrambe più leggere. Questo non significa che si debba rinunciare a tutti gli oggetti superflui. Ma ristabilire la differenza tra necessario e accessorio, tra indispensabile e utile, tra irrinunciabile e trascurabile, beh sì, questo farebbe bene a tutti.
Viaggiare aumenta la creatività
Viaggiare allarga la visuale, mostrando non più ciò che siamo sempre stati ma ciò che potremmo essere.
Viaggiare aiuta la mente a uscire dagli schemi usuali attraverso cui vede e interpreta il mondo, perché quegli schemi funzionavano nel vecchio contesto mentre in quello nuovo non sono più di alcuna utilità. La mente impara così a interpretare la realtà (e se stessi, di conseguenza) in un modo nuovo, meno filtrato e quindi più “vero”.
Confrontarsi con nuove realtà e frequentare altri viaggiatori (quindi altre persone fuori, a loro volta, dalla zona di comfort) aiuta ad allargare la prospettiva, ideare nuovi progetti, escogitare nuove soluzioni a vecchi problemi.
Ecco perché il mondo ha bisogno di più viaggiatori.
Qui in Thailandia è prassi che ogni ragazzo che si affaccia all’età adulta diventi monaco e passi un anno in un monastero per studiare e avvicinarsi a dio. Lo trovo meraviglioso. Dovrebbe esistere qualcosa di simile anche per il viaggio.
Le famiglie dovrebbero spronare i propri figli a uscire di casa appena possibile e a prendersi un anno sabbatico per viaggiare, consapevoli che il mondo è grande, e ricco, e prezioso, e che occorre vedere ciò che esiste fuori per stare meglio dentro. E gli stati dovrebbero aiutare questo anno formativo dei propri giovani creando dei fondi di finanziamento a fondo perduto per consentire loro di avventurarsi fuori ad annusare odori nuovi, toccare superfici diverse, posare gli occhi su forme e paesaggi sconosciuti, gustare sapori insoliti, udire suoni mai uditi prima. Così da tornare persone più ricche e cittadini migliori, in grado di dare un contributo prezioso alla crescita del proprio paese e della propria cultura nel rispetto di quella degli altri, in una prospettiva paritaria di arricchimento reciproco e mai, mai di supremazia, giudizi e scale interpretative di “migliore-peggiore”.
Vladimiro Benvegnu'
La Thailandia…..
35 anni fa….
Un viaggio…..cominciato in ottobre dopo 4giorni sono restato con 100 Milà lire
Sono tornato con 100 dollari a Pasqua.
Ho vissuto in tutte le abitazioni dalle palafitte di bambù ai barconi che solcano il fiume giallo
Ma la cosa che più mi piace ricordare è che nn ho mai sentito un bambino piangere.
Questo viaggio mi ha insegnato a nn aver paura del domani.
Le mie vacanze le passo nel mio orto.