Ogni volta che digitavo su Google “nomadi digitali in Italia” spuntavano fuori fior fiori di link sull’esplosivo fenomeno del nomadismo digitale che, con discreto ritardo rispetto ad altre fette di mondo, finalmente spiegava le ali anche sul nostro Paese, da sempre propenso a rigettare il concetto di precarietà per immolarsi a quello del posto fisso.
Migliaia di giovani e non più tali (vedi la qui presente) che un bel giorno prendono il senso di soffocamento che gli attanaglia la gola come un chiaro segno dell’universo: è ora di cambiare vita, altrimenti quello che mi aspetta non è un lavoro, bensì uno stress a tempo indeterminato.
Addio, perciò, pareti claustrofobiche dell’ufficio, addio orari scanditi giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, addio a quella regolarità che per qualcuno è sicurezza e per altri una ragnatela di rughe che si stampano in fronte a ricordare che l’esistenza è tutt’altro che eterna.
Mia cara vecchia vita, sai che c’è? Io e il mio laptop ce ne andiamo in giro per il mondo!
Le mie ricerche continuavano ad atterrare sulle ispiranti storie di chi ce l’aveva fatta e aveva preso il largo per inseguire la libertà. Ovunque articoli motivanti su come trovare in tasca, tra residui di un biscotto e qualche cartina accartocciata, anche un briciolo di coraggio per fare il grande passo, e tanti, così tanti approfondimenti su come accodarsi al nuovo fenomeno migratore che anziché identificare la libertà in una fiaccola issata verso il cielo la scopre in un viaggio errabondo scisso da confini territoriali e proteso verso il mondo tutto e la sua diversità.
Materiale prezioso come l’oro, che mi assicurava ore e ore di trastullo ma che continuava a mancare il bersaglio.
Perché quello che io cercavo non erano informazioni sui nomadi digitali italiani che se ne vanno alle Canarie, in Thailandia o in Costa Rica.
Quello che cercavo erano informazioni su come e dove essere nomadi digitali in Italia.
Su questo fronte, ahimè, il nulla più totale.
Il nostro bel Paese, meta di vacanze romantiche e culturali per milioni di stranieri, è infatti (quasi) completamente snobbato da chi, nel suo viaggio lungo le perimetrie del globo, cerca nuovi lidi dove svolgere la propria attività online.
Una sorpresa? Purtroppo no, nemmeno lontanamente.
Abbiamo i cappelletti, i cannoli siciliani, strati di storia che straripano da ogni tombino, un calore umano che aleggia nell’aria e si scolpisce sotto pelle; abbiamo paesaggi incredibili che si rubano scena l’un l’altro e così tanti tesori che giusto un ciclo di rinascite può dare l’illusione di riuscire a gustarne anche solo una misera fetta. Ma, a meno di non appartenere alla stirpe di yuppy mascherati da hippy con i piedi scalzi e le spalle parate da un bel gruzzoletto in banca, l’Italia è per il nomade digitale medio-basso un Paradiso Perduto.
Il costo della vita spesso proibitivo e un pacchetto di ausili per il lavoro in itinere da terzo mondo fanno a pieno diritto slittare il nostro Paese in fondo alla lista delle mete del nomadismo digitale.
Eppure era questo che io volevo: spendere qualche mese della mia nuova vita nomade per esplorare un pezzetto d’Italia. Il Paese che tutti gli stranieri che incontravo sembravano conoscere a menadito e che io, invece, avevo fino a quel momento poco più che sfiorato.
Un’impresa impossibile? Così sembrava.
Fino a quando, un giorno, intravidi per caso tra le righe di un articolo una luce in fondo al tunnel. Una luce composta da cinque lettere e dalla desinenza di un dominio.
Quella luce si chiamava
Helpx.net.
Alcuni lustri prima, durantedue indimenticabili viaggi in Australia, avevo sperimentato il mirabolante mondo del
Wwoof. Lavorare qualche ora al giorno in cambio di un posto dove dormire e di qualcosa da infilare sotto i denti fu un risparmio enorme che mi aiut
ò a ballonzolare con il mio furgone lungo gli infiniti chilometri del Paese bruciato dal Sole, fermandomi solo qualche volta qua e là a lavorare per il vil denaro.
Ma il risparmio fu, alla fine dei conti, l’ultimo beneficio di quella grande avventura. Fu il contatto umano con la gente del luogo a conquistarmi, la possibilità di vedere da dentro una cultura completamente diversa da quella che conoscevo.
Il WWOOF mi spedì generoso tra le braccia di una comunità buddista a fare formaggi, in una fattoria dispersa nel nulla a badare a una bimba dal linguaggio incomprensibile, in mezzo a un gruppo di gay naturisti a dribblare ragni testa rossa durante la cura dell’orto, entro i confini di una delle più grandi e antiche comuni d’Australia a impastare biscotti di marijuana da offrire al capo aborigeno in segno di amicizia.
Le esperienze di lavoro volontario mi aiutarono ascoprirmi libera, curiosa, terribilmente leggera.
Da allora avevo sempre desiderato riprovarci. Con qualche aggiustamento però.
Gli anni passano e imbracciare la pila per raggiungere nel cuore della notte un bagno ecologico infestato di scarafaggi aveva indubbiamente perso gran parte del suo romanticismo.
Volevo qualcosa di meno “avventuroso”, ma altrettanto interessante.
Helpx sembrava perfetto allo scopo.
Il sito di Helpx, contrazione di “Help exchange”, è di una semplicità disarmante. Basta scegliere l’area del mondo di proprio interesse e la tipologia di accomodation: fattorie, homestay, ostelli, persino barche. Ci si iscrive pagando una quota biennale di 20 euro, si leggono le recensioni sull’host, si valutano le condizioni che offre (numero di ore, tipologia di lavoro e sistemazione, minimo e massimo tempo di soggiorno consentito ecc.) e infine lo si contatta per accordarsi.
Fu una delle ricerche più veloci della mia vita. Sapevo esattamente dove volevo andare: da anni quel luogo aspro e selvaggio mi attirava come una calamita attraverso le pagine dei libri e i fotogrammi dei film.
Volevo andare in Sicilia.
…
Così eccomi qui, da un mese esatto a Catania, a lavorare al
Globetrotter, un b&b nel cuore della città. Concedo le mie energie 15 ore a settimana per accogliere clienti alla reception, scrivere articoli per il sito e qualche volta fare le pulizie nelle camere. In cambio ho un meraviglioso loculo dentro un palazzo grandioso e fatiscente che si affaccia su un castello del 1300 e un circolo Arci che spina libri e birra a ogni ora del giorno e della notte.
Naturalmente c’è uno scotto da pagare: un fiume di coinquilini che vanno e vengono. Tutti, a parte qualche piacevole eccezione, rigorosamente sotto i 30.
La convivenza con ragazzi inebriati di vita e alcol alla scoperta del mondo è certo affascinante e di una certa valenza mnemonica, perché ti ricatapulta in pochi secondi dentro cassetti che non aprivi da anni.
Ma è pure terribile.
Divido casa con un branco di selvaggi che pensano che allineare rotoli di carta igienica vuoti nella scansia del bagno sia “fare le pulizie”. Gli orari, le abitudini e gli approcci alla vita sono così diversi che i primi tempi hanno messo seriamente alla prova il fragile equilibrio costruito da queste fragili manine in anni di battaglie personali.
La mia piantina di basilico, per dirne una, è stata senza una ragione plausibile detronata dal suo vaso dopo appena qualche giorno di vita e lasciata illanguidire sotto il sole impietoso della terrazza.
I miei calzini sono stati fatti volare al piano di sotto e i miei pantaloni tinteggiati di chiazze di candeggina.
Sono stata, per completare l’epopea, svegliata alle 3 del mattino da qualcuno che vomitava a dieci centimetri dalla mia faccia per poi pompare hip hop a volumi inimmaginabili anche per metà pomeriggio. Che, voglio dire, fossero i Muse potrei forse anche farmene una ragione, ma Dio santo, l’hip hop!
Il tempo, però, mi ha regalato per fortuna un grande privilegio: sapere chiudere occhi, orecchie e mente all’occorrenza. Conservare le energie per quando servono.
Così preservo la mia quiete ed esco. E là fuori c’è Catania che mi attende a braccia aperte.
Passo il tempo libero a lavorare alle mie cose, a leggere, a scrivere, a perdermi in questa città intrigante piena di chiaroscuri come piace a me.
Mi fingo straniera per fotografare la vitalità di questa gente quando meno se lo aspetta.
Mi intrufolo come una ladra nelle chiese ad ascoltare Verdi e nei sottoscala dei locali alla ricerca di acque sotterranee.
Rischio la vita per salire su autobus stracolmi di gente che mi portino nei dintorni a vedere la furia di Polifemo scagliata in mare, spiagge nere come le notti senza luna e resti di poesia architettonica protesi sul niente; o sul tutto, a seconda dei punti di vista.
Svirgolo tra i vicoli fatiscenti e gli approcci rozzi di chi ancora fischia per richiamare l’attenzione e accolgo grata le quintalate di gentilezza d’altri tempi che i Signori di mezza età concedono copiosi.
Assorbo i colori, le note, le ispirazioni dei circoli culturali, dei teatri occupati e delle gallerie a cielo aperto.
Faccio incontri buffi, interessanti e surreali, incrociando volti che mi ricordano che pure io, nel mio bagaglio umano, vanto il ricordo di diverse ore di televisione trash.
E mi perdo, mi perdo e mi sciolgo nei sapori di questa cucina generosa, senza farmi però mancare nemmeno qualche cena multietnica e multilingua: che non sia mai che un giorno si dica che non ho mai assaggiato una açorda de marisco.
Insomma, faccio cose e vedo gente.
E osservo, annuso, assorbo e vivo, finalmente, questa Sicilia.
Da nomade digitale!
enrica fracchia
Ciao! molto interessante ma penso che questo tipo di soluzione possa servire solo a posticipare le grandi scelte della vita. Posso capire questa scelta, a tempo determinato, fino a 30 anni ma dopo credo che sia la spia di un problema esistenziale.Di chi non vuole diventare adulto. Approvo in pieno la tua scelta di vivere l’Italia, per molti quella “sconosciuta regione del mondo che tutti gli stranieri amano” e noi tendiamo ad accantonare e a dimenticarcene. Sto pensando di fare un’esperienza HelpX in Portogallo a ho mille dubbi perchè sono lontano dalla mia famiglia e dall’Italia da 3 anni e mi sento molto fragile e non vorrei andare fuori dalla tangente. Hai qualche consiglio per me? Grazie . Ho 33 anni e il mio nome è maria .
Simona
Ciao Enrica, se c’è una cosa che la vita mi ha insegnato è che non ci sono regole, siamo tutti diversi e ognuno di noi percorre la sua strada…a suo modo 🙂 Per me Helpx è stato fondamentale per aiutarmi durante i primi tempi di nomadismo digitale, quando ancora non avevo un’entrata fissa, ma anche per fare esperienza con il SEO copywriting, che adesso copre una parte importante delle mie entrate.
Ma il più grande regalo è stato avere la possibilità di conoscere la Sicilia da dentro, come una del luogo. E non esiste modo migliore di viaggiare per me, dai tempi in cui facevo Wwoof in Australia, qualcosa come 12 anni fa.
Il mio consiglio quindi è: abbandona più che puoi i paletti, i giudizi (soprattutto quelli verso te stessa) e la paura e ascolta quello che ti dice quella vocina che ti parla all’altezza del ventre, là dove riposa la tua parte più autentica. Lei sa quello che è meglio per te.
E tra le tante cose che sa c’è anche che andare fuori dalla tangente certe volte è la cosa migliore che possa capitare… 😉
Un abbraccio.