Dici Thailandia e pensi a chilometri infiniti di spiagge, a deliziose noci di cocco sorseggiate mentre il sole cala dietro una palma, a fluttuanti scie arancioni di monaci che sciamano all’alba. I più arditi dedicheranno un pensiero ai go go bar e al mondo “trasgressivo” dei lady boy, i più spirituali rivolgeranno l’anima al Buddha reclinato del Wat Pho a Bangkok e alla gradinata infinita che conduce dritta dritta entro i confini mistici del Doi Suthep a Chiang Mai. Sono queste le promesse, quasi sempre esaudite, con cui ogni anno milioni di turisti invadono il regno del Siam. Ma ci sono altre chicche che questa terra regala e di cui persino le guide turistiche più puntigliose tacciono.
Un tempio nascosto in mezzo alla foresta? Uno stupa gigantesco sopravvissuto indenne alle ingiurie del tempo? Un monaco-profeta rinchiuso dietro il bancone di un bar pronto a svelarvi i segreti del vostro futuro? Macché. L’ottava meraviglia della Thailandia è sotto gli occhi di tutti, e io l’ho scoperta proprio questa mattina: il dentista.
Che storia è questa? brontolerà qualcuno. Ci stai prendendo per il culo? azzarderanno i più coraggiosi. Assolutamente no! Se c’è un’esperienza che nessuna Lonely Planet al mondo vi suggerirà di fare ma che a mio parere nessun turista dovrebbe perdersi durante un viaggio in Thailandia è esattamente questa: andare al dentista.
Vi sembra surreale? Meno male, anche a me. Fin da piccoli associamo alla parola “dentista” le più negative e terrificanti immagini che la nostra mente sia in grado di produrre, e senza nemmeno accorgercene ci ritroviamo adulti con uno stereotipo dalle radici talmente profonde che se venisse a crollare verrebbe meno anche un pezzettino di noi. Scoprire che il dentista può essere un posto piacevole è un po’ come scoprire che non è vero che a Buenos Aires Papa Francesco girava in autobus o che i tortellini sono meglio dei cappelletti: uno shock!
Questo valeva anche per me. Almeno fino a oggi, quando ho varcato la soglia luminosa del Dental World di Chiang Mai.Avevo preso appuntamento qualche giorno prima per un’igiene dentale che rimandavo da un po’ di tempo. Sapevo infatti che i dentisti thailandesi sono tra i migliori al mondo e questa nomea, unita ai costi decisamente più bassi di quelli italiani, mi aveva indotto ad aspettare. L’idea era di arrivare qui, sistemarmi e ricevere qualche dritta. Che puntualmente è arrivata dalla signora che gestisce la guesthouse dove vivo.
L’indicazione, nel tipico stile thai vago e fatalista, suonava più o meno così: “Fai tutta la strada fino al mercato, poi vai a sinistra e poi gira di là… così, in diagonale. È più o meno qui” concludeva coprendo con il polpastrello cicciottello un punto enorme sulla cartina. Ma sapendo ormai che qui ogni giorno si trasforma in un’avventura, ho inforcato la bici fiduciosa, ho attraversato la città e con un certo stupore ho trovato la clinica praticamente subito. Il motivo di tale velocità, avrei scoperto più tardi, era che avevo sbagliato clinica, ma poco importa: un dentista è un dentista e un dentista thai è quasi sempre una garanzia.
Così eccomi qui, davanti a questa signorina minuscola piena di sorrisi che infila un “man” tra una parola e l’altra a mo’ di congiunzione e mi fa compilare una scheda con le mie generalità e una stringata anamnesi medica. Poi mi spedisce al piano di sopra (“Upstairs, man!”), dove mi accolgono una sala d’attesa briosa e deserta (in fondo è l’una e mezzo di domenica, la domenica delle votazioni per altro) e una deliziosa sorpresa: due amache a sedia dotate di portabottiglie pendono invitanti dall’alto. Dondolarsi davanti alla vetrata che dà direttamente sulle vecchie mura per rilassarsi e placare l’ansia prima di entrare in sala: che trovata geniale! Io non sono nervosa, ma ne approfitto lo stesso.
Per poco, però, perché la sala di fronte a me improvvisamente si spalanca e fanno capolino, così, dal nulla, un dentista e un’infermiera che sembrano fuoriusciti da Gardaland. Temo che in due fatichino ad arrivare alla mia età, ma decido che quel posto è troppo carino per rappresentare una fregatura e mi affido a loro fiduciosa.
Il controllo (gratuito) è a dir poco essenziale: il dentista, che ora che lo osservo meglio assomiglia a una comparsa di una commedia dialettale, mi spalanca la bocca, ci intrufola lo specchietto e lo rigira un paio di volte con fare sicuro, poi tutto contento esclama: “No caries!”
Quaranta minuti dopo esco con i denti puliti e lustrati, una fattura di 850 bath (poco meno di 20 euro) e una nuova consapevolezza: oggi è crollato un altro stereotipo.